Effetti Decreto Dignità: avviato procedimento contro Facebook

Cristina Marziali 07/11/2022
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In materia di pubblicità del gioco d’azzardo, le normative nazionali sono ancora parecchio confuse, con una netta tendenza, quantomeno in ambito europeo, a limitare il più possibile le società che operano in questo settore. Sembra infatti che i governi siano forzati a considerare il gioco d’azzardo come un problema, almeno di fronte allo scrutinio dell’opinione pubblica, quando in realtà è un settore dell’economia che rappresenta una risorsa per l’erario, visti i lauti incassi dovuti alle imposte sul gioco. L’accento viene sempre posto sulle eventuali ludopatie e dipendenze che si potrebbero sviluppare e le leggi cercano di tutelare il cittadino contro questo pericolo, non sempre con successo. Fa scuola in tal senso l’Italia con il cosiddetto “Decreto Dignità”, vale a dire il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96.

All’interno di tale decreto legge sono contenute molte misure che riguardano diversi ambiti del vivere civile, ma quella che ci interessa in questo contesto riguarda, nel dettaglio, la pubblicità che potrebbe essere fatta al gioco d’azzardo. Al Capo III del documento (art.9), sotto il titolo “Misure per il contrasto alle ludopatie”, si legge quanto segue:

“Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto alla ludopatia […] a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o
radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet. Dal 1° gennaio 2019 il divieto di
cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a
tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del
nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata.”

Questo articolo è stato molto contestato fin dal primo momento, per svariati motivi. Soprattutto è stata aspramente criticata la decisione di vietare le sponsorizzazioni, che sono spesso linfa vitale soprattutto per le squadre di sport e campionati minori. Ciononostante la norma è rimasta in vigore e lo è ancora oggi, continuando a produrre i suoi effetti e a mietere vittime illustri.

AgCom contro Google

agcom-logoUno degli episodi più eclatanti è forse quello che si è verificato quest’estate. quando AgCom (l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha sanzionato Google per aver ospitato su YouTube, canale che gli appartiene, video che erano destinati (almeno secondo l’opinione dell’organo di vigilanza) a fare pubblicità al gioco d’azzardo. Nello specifico il canale incriminato era quello denominato Spike Slot, da cui sono stati rimossi tutti i video pubblicati fino a quel momento e a cui è stato vietato di pubblicarne altri sulla stessa falsariga. A Google è stata attribuita la responsabilità di non aver bloccato tempestivamente l’attività illecita che si stava svolgendo sui suoi canali. Tutto questo si è tradotto in una multa complessiva di 1 milione e 450 mila euro, visto che la sanzione prevista per questa tipologia di reato equivale al  5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore alla cifra di 50mila euro. La questione non è ancora chiusa in quanto ovviamente le parti in causa hanno fatto ricorso, ma nel frattempo sembra che anche un’altra società che lavora in internet sia finita sotto il mirino dell’AgCom.

AgCom contro Facebook

In base ad alcune informazioni, a dir la verità molto lacunose, che stanno circolando nel web in questi giorni, AgCom avrebbe avviato una procedura contro Meta Platforms Ireland limited, la società a cui appartiene il social network Facebook, e Facebook Italia S.r.l. Di nuovo si parla di una violazione che riguarda l’articolo 9 del Decreto Dignità, dal che se ne deduce che sul social di Mark Zuckerberg sarebbe stato pubblicizzato in qualche modo il gioco d’azzardo. Nelle notizie non si specifica nel dettaglio di che tipo di infrazione di tratterebbe, con la precisazione però che durante l’ultimo consiglio AgCom si sarebbe discussa una proroga del provvedimento per valutare il caso in modo più dettagliato. Restiamo dunque in attesa di avere maggiori ragguagli sulla multa che interesserebbe il colosso informatico, rilevando però come negli ultimi tempi AgCom sembri aver alzato l’attenzione nei confronti di questo tipo di violazione della normativa.

Nel corso dell’anno 2021, infatti, sono sati effettuati numerosi accertamenti specifici in merito, con il risultato dell’emanazione di 14 atti di contestazione per sanzioni complessive che hanno superato i 133 mila euro. Per il 2022 questi dati non sono ancora stati resi noti, ma è facile prevedere che saranno confermati e magari anche che risulteranno aumentati.

Gli effetti del Decreto Dignità

Senza dubbio è dovere dell’Amministrazione Pubblica tutelare i cittadini da qualunque cosa possa costituire un potenziale pericolo, ed è per questo motivo che anche in ambito europeo ferve la discussione circa le leggi migliori da varare per normare in modo corretto il gioco d’azzardo. Una via possibile potrebbe essere favorire il gioco online rispetto a quello fisico. Il gioco online infatti presenta molti vantaggi, in materia di sicurezza. I casinò virtuali infatti dispongono di strumenti come l’autolimitazione e l’autoesclusione, consentono un controllo più capillare e puntuale sui conti di gioco e sono anche al riparo da eventuali infiltrazioni malavitose.

Non vi è però ancora una linea d’azione univoca a livello comunitario e i singoli stati continuano a prendere decisioni autonome non sempre brillanti per lo scopo prefissato. L’articolo 9 del Decreto Dignità fino a ora non si è dimostrato efficace nel contrasto alle ludopatie come forse doveva essere nelle intenzioni di chi lo ha ideato. Sta però sollevando numerose questioni, specie a seguito di ogni multa o sanzione che viene comminata, che potrebbero servire ad aprire un dibattito più ampio e proficuo sull’argomento gioco d’azzardo. Sembra come minimo sleale richiedere pagamenti di imposte e il rispetto delle regole nell’ambito di un regime di concessioni statali, per poi proibire a questi stessi soggetti concessionari di ottenere il loro ritorno sull’investimento fatto, impedendogli di fatto di pubblicizzare la propria offerta.

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CMarziali / Cristina Marziali